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Uffici a Metanopoli

San Donato Milanese (Milano). 1995

Paolo Zermani.
Collaboratori: Fabio Capanni, Eva Grosso, Giacomo Pirazzoli, Fabrizio Rossi Prodi.

Una natura biotecnologica sembra segnare il carattere di San Donato e degli insediamenti Snam. Le proposte di progetto per l'area De Gasperi ovest si inseriscono nel divenire di questa sorta di laboratorio, tra natura e ottimizzazione, tra razionalità e sperimentazione continua: la condizione di una positiva asettica serra urbana in cui il lavoro e la ricerca continuano, in epoche diverse, come collegate da un ideale filo, in una condizione particolare assurta a tradizione.
Natura naturata e natura artificiata si compenetrano in questo esperimento continuo. La sfida sta nella dimostrabilità, già intuita a San Donato dagli esperimenti passati, della loro possibile convivenza.
L'uomo come artifex è il protagonista di questa condizione che emblematicamente ha legato negli anni l'identità aziendale alla identità della città: un uomo che approfondisce nella natura dei materiali il senso positivo della propria natura e stabilisce le regole di nuove familiarità, di nuove reazioni tra gli elementi, che erano già scritte ma attendevano di essere dimostrate.
Il paesaggio che ne deriva può essere, come spesso è accaduto, una anticipazione di nuovi spazi, di nuove immagini, calate nella quiete dei giardini di San Donato con il riserbo misterioso della ricerca e con la silenziosa determinazione dei fenomeni di natura.
L'inserimento nel contesto avviene tenendo conto in primo luogo della natura di luogo particolare con cui l'insediamento Snam di San Donato è identificabile. Tale rapporto obbliga alla considerazione delle fabbriche precedenti intese come eventi eccezionali di architettura (ci si riferisce in particolare ai Palazzi per uffici:
Primo, Secondo, Terzo, Quarto e Quinto), ma anche all'edilizia residenziale e ai vari laboratori o servizi, all'edilizia religiosa. Si tratta di una concatenazione di eventi all'interno di un disegno preciso regolato dal verde che ne motiva e ne determina l'esistenza: si potrebbe parlare di continue eccezioni dentro la norma.
Le soluzioni proposte si basano su una applicazione del tema del blocco, un blocco variamente combinato a identificare una mutevolezza naturale.
L'ipotesi realizza un fronte lineare su un lato del lotto, si dota di una galleria interna, si sfrangia verso i palazzi per uffici esistenti.
L'intento fondamentale della collocazione nel contesto è stato infatti determinato fortemente dalla volontà di pensare un organismo che potesse risultare contemporaneamente fortemente unitario nella sua immagine complessiva e sufficientemente potente nella sua realizzazione parziale.
L'ottica combinatoria con cui il progetto è stato pensato risponde a questo intento tanto da poter offrire una varietà pressoché infinita di combinazioni del modulo base, senza inficiare l'alta qualità dell'impianto.
La qualità ambientale è altresì corrisposta dall'impianto del verde, che si aggiunge al verde perimetrale esistente nel lotto, combinando agli edifici, dalle due parti, una sorta di bosco artificiale, ordinato a creare radure prative tra se stesso e i blocchi secondo un'ulteriore applicazione del principio di fusione tra costruito e natura, quasi che l'uno fosse germinato e sorretto dall'altra.
L'intervento si regge sulla ripetizione modulare di una maglia quadrata ripetibile sulla quale è impostata anche la filosofia strutturale dell'intervento, che ha carattere di serialità e consente una industrializzazione di cantiere, pur concedendo complessivamente l'immagine di una plasticità propria a un sistema di natura.
Su questa maglia quadrata sono pensati insediati gli elementi portanti in acciaio ai quali è successivamente applicato, attraverso un sistema indicato nei disegni di dettaglio, il sistema a parete vetrata.
Tale tecnologia di riferimento concede l'immagine di una struttura esterna che si fa architettura essa stessa, proponendosi nel colori ferrosi tipici della condizione urbana milanese.

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