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Progetto per il Museo di S. Corona

(Vicenza). 2001

Paolo Zermani.
Con Elisabetta Agostini, Mauro Alpini, Riccardo Butini, Francesco Collotti, Giovanna Maini,
Giacomo Pirazzoli, Fabrizio Rossi Prodi, Eugenio Tessoni, Andrea Volpe.

A Vicenza, dove il codice è scritto e fissato nelle pietre della città, dove la temporanea composizione delle misure ha potuto essere così forte, così riconosciuta, da saper promuovere la sua migrazione, al suo trasporto e riproduzione nel mondo conosciuto, il progetto del Museo di S. Corona richiede di comporre una lacerazione. Sono accessibili le antiche misure?
Nel complesso di S. Corona il chiostro minore, appoggiato al Duomo, e le cappelle, sul lato opposto, sembrano aver concluso la loro eterogenea proliferazione. Ma la fabbrica esistente è stata oggetto di continue modificazioni,che si sono composte per addizioni,demolizioni e strati, di cui il lato incompiuto e parzialmente diruto offre tutti gli elementi necessari al dramma della nostra contemporaneità: un edificio che è diventato soltanto un retro, un grande parcheggio in superficie, costruzioni di scarso interesse e di significativa mole nelle immediate adiacenze. Poi, a pochi metri, il Duomo e oltre la strada, Palazzo Chiericati e il Teatro Olimpico, composizioni a loro volta, o ricomposizioni, in misura classica, di organismi precedenti o successivi. Osservato da questa parte il tema di progetto appare quello, quasi didattico, della continuazione dell’architettura in tempi diversi e della necessità di fissazione della sua identità provvisoria. Il codice classico che permea, attraverso l’eredità di Palladio, il carattere di Vicenza, si rapporta con una
dialettica di aggiunte e distruzioni che va dal XIII° secolo ad oggi e che appare come l’unica vera permanenza costante di S. Corona, fino alla sospensione, ancora in atto, dovuta alla Biblioteca bombardata e in parte demolita.
Nella storia della fabbrica è emblematica la successione temporale e la modalità attraverso cui è avvenuta la costruzione dei chiostri: i diversi lati dei chiostri maggiore e minore si sviluppano, in un arco di tempo compreso tra il 1250 e il 1725, secondo lunghe maniche che restano incompiute per secoli e si proiettano nello spazio degli orti. L’incompletezza appare una costante storica.
Il progetto proposto assume pienamente il carattere “in itinere” dell’insediamento, quasi riconoscendolo quale principio, e ribadisce questa sospensione tra l’incompiutezza della fabbrica e il proprio rapporto con la città.
La nuova edificazione rivolta verso Contrà Canove Vecchie avviene attraverso due corpi di fabbrica di analoga profondità, 12ml, e di diversa lunghezza, rispettivamente 47 e 26 ml, che si pongono in diretta continuità con i corpi nord e sud del chiostro maggiore, circoscrivendo al proprio interno lo spazio di una piazza in quota, servita da una scalinata, di dimensioni analoghe allo spazio interno del chiostro.
Il corpo maggiore ospita il nuovo ingresso al Museo, il corpo minore ospita gli uffici del Tribunale e la caffetteria.
Le due maniche, assolvendo funzioni diversificate, prospettano con immagini diverse sulla Contra Canove Vecchie e sulla piazza sopraelevata.
Il corpo di fabbrica maggiore si presenta scavato e come sezionato trasversalmente e contiene oltre il vuoto la scala monumentale per l’ingresso al museo, di cui si costituisce palesemente come porta.
Il corpo di fabbrica minore si presenta chiuso, come provvisoriamente tamponato. I prospetti sulla piazza, essendo interessati a una differente divisione interna (per due livelli il corpo maggiore, tre livelli il corpo minore) mostrano differenti gradi di aperture e dialogano in modo diverso con il corpo esistente che costituisce il fondale. Giungendo alla nuova piazza dalle strade laterali (ove viene rimaneggiato l’edificio d’angolo su Contrà Canove) l’improvviso aprirsi e salire della scala alla piazza e alla internità della lunga manica dichiarano alla città l’accessibilità dei musei e della storia di S. Corona, solo temporaneamente fissate. La differente quota attuale di riferimento del piano stradale rispetto all’accesso da Contrà Canove Vecchie,insieme alla decisione di esaltare la continuità (discontinuità) della fabbrica storica, attraverso l’addizione per maniche successive,risulta la discriminante fondamentale che consente di collocare, al livello della strada, la grande sala conferenze, accessibile autonomamente rispetto al funzionamento dei Musei e ad esaltare la collocazione della zona di ingresso.

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